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mercoledì 15 febbraio 2012

Anonymous: sfatiamo false credenze

Fino a 5 minuti fa pensavo a tutt'altro, improvvisamente i miei pensieri si sono repentinamente rivolti a quanto letto negli ultimi tempi, a proposito di Anonymous, alla facilità con la quale si possa fare confusione, grazie anche ai media, nell'etichettare chiunque compia fatti e misfatti, con una connotazione univoca, senza tanti complimenti, all'insegna della superficialità.
Devo ammettere, per onestà intellettuale, che non è semplice distinguere "l'impresa" buona da quella meno buona, la vera paternità di un evento, dall'uso improprio e ormai abusato "titolo" di Anonymous, nemmeno per me qualche volta, ma soprattutto per chi ha poca dimestichezza verso un fenomeno dei nostri tempi, per mancanza di informazione, ma anche per un certo tipo di mentalità che non ammette strappi alle regole.
Chi sono e come sono strutturati? Semplice, non sono strutturati.
Anonymous non è una crew di cyberterroristi, quello che fanno non è a scopo di lucro, il loro scopo non è sottrarre dati sensibili agli utenti per trarne personali vantaggi e non sono nemmeno così misteriosi come molti possono credere.
Questo movimento è internazionale, nel senso che gli attivisti sono sparsi in tutto il mondo, chiunque può essere un Anonymous, il vostro panettiere, l'edicolante, il compagno di classe e non è nemmeno necessario avere conoscenze informatiche fuori dal comune, nonostante vi siano, ovviamente, molti hackers (fighi), questo l'aggiungo io.
La loro dimora naturale è il web, lì dove sono nati e cresciuti nel tempo, operando tramite chat IRC, occupando spazi ulteriori nell'immensità della rete, nessuno dei quali rappresenta la totalità.
All'interno dell'organizzazione non esistono regole prefissate, nessuno statuto, nessuna gerarchia, solamente un ideale comune e condiviso che si manifesta, man mano si presentino decisioni da prendere, democraticamente, ma che non implicano l'obbligo di condivisione per chi non fosse d'accordo sulle iniziative decise dalla maggioranza del corpo centrale.
Le proteste di piazza, con loro, sono divenute proteste digitali, cambia la collocazione fisica e di conseguenza i metodi applicabili, ma non cambia lo scopo finale, anzi, direi che a differenza dei metodi tradizionali, sono decisamente non-violenti e più efficaci.
I famigerati e tanto temuti  attacchi DDoS non sono altro che innoqui (quasi) sistemi, peraltro nemmeno tanto complicati, per rendere un qualsiasi sito, irraggiungibile, per un determinato periodo, (troppo breve per i miei gusti) ma che non  distrugge e non comporta l'inoperabilità del dominio a lungo termine. E' semplicemente la dimostrazione digitale di un forte disagio, dell'intolleranza alle ingiustizie sociali più disparate, in tutto il mondo.
Sono diventati la bestia nera delle multinazionali, delle banche, dei governi, delle polizie di tutto l'universo. Spesso qualcuno si ritrova ospitato nell'albergo meno "in" dello stato, ma nessuno demorde, perchè loro sono mossi da qualcosa che hanno dentro, un'ideale che va aldilà di qualsiasi
deterrente. Ok, io non faccio testo, sono irrimediabilmente, spudoratamente, inequivocabilmente di parte, nel cuore e nell'anima, contro qualsiasi soppruso, qualsiasi limitazione alla libertà degli individui, come si suol dire...a estremi mali, estremi rimedi.
Sinceramente, me ne fregherei anch'io delle conseguenze possibili, del rischio ipotetico, credo che il gioco varrebbe la candela e non è detto che un giorno non lo faccia, naturalmente in completo anonimato, come prassi richiede, con tanto di maschera Guy Fawkes, come da migliore tradizione insomma,  se no che gusto ci sarebbe? ah ah! (sto scherzando, ma mica tanto).
Mi scoccerebbe se mi venissero a "prelevare", in teoria non si può fare il processo alle intenzioni, o si? Accidenti, lasciatemi almeno provare il brivido del pericolo!

AnonOps Communications

                                                       

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